Claudio Ferri, direttore Agrimpresa
Valori fondiari che si evolvono, in rialzo o al ribasso, influenzati dal mercato delle colture agricole che non sempre danno risposte produttive positive, ma anche da fenomeno relativamente recente che interessa i terreni impegnati con impianti fotovoltaici. In questo caso non si tratta di transazioni a titolo oneroso, ma di ‘diritti di superficie’ poliennali. Un esempio per tutti è la difficoltà che sta incontrando la pericoltura coinvolta in una spirale negativa che deprime, anche se parzialmente, i valori delle superfici investite a questa coltura.
Negli ultimi anni si sono, inoltre, assottigliate le differenze nei valori tra terreni ubicati a nord e a sud della via Emilia, a dimostrazione del fatto che si sta annullando la rendita di posizione.
La cautela è comunque d’obbligo, le situazioni sono molteplici e a determinare i prezzi sono più fattori. Se prendiamo in esame l’indagine annuale sul mercato fondiario condotta dal Crea Politiche e Bioeconomia, emerge che anche nel 2022 la crescita dei valori dei terreni agricoli già riscontrata nella precedente annata, con un prezzo medio nazionale della terra che si attesta a circa 22.600 euro per ettaro, viene registrato un incremento dell’1,5% rispetto al 2021.
L’inflazione del 2022 (+8,1%) ha però determinato diversi effetti sul mercato e considerando i valori fondiari deflazionati, rileva sempre Ismea, il processo di erosione del capitale fondiario nazionale è stato particolarmente evidente nell’ultimo anno. Ciò ha determinato una svalutazione dei valori dei terreni agricoli del 6,6%.
Gli incrementi, segnala ancora l’Istituto per i Servizi del mercato agroalimentare, non sono stati uniformi in tutto il territorio nazionale, ma hanno riguardato principalmente le regioni di Nord-Ovest. È differente anche la dinamica di crescita, dove i valori medi al Nord si attestano attorno ai 50.000 euro ad ettaro contro i 15.000 del Mezzogiorno.
Nelle aree in cui l’agricoltura è forte e dove si intravedono processi produttivi d’avanguardia, fanno capolino (si fa per dire) nuovi attori ‘dinamici’ sul mercato fondiario e trovano spazio fondi di investimento, cioè soggetti che investono in terreni per diversificare il portafogli.
La difficoltà da parte degli imprenditori agricoli di accedere al credito è un elemento determinante che frena l’allargamento della maglia poderale, mentre al contrario quella che da sempre viene considerata bene rifugio – la terra – è sempre più appetibile per imprenditori provenienti da settori lontani dal Primario che debbono investire e tutelare i capitali.
Infine un dato medio, sempre rilevato da Ismea: in Emilia Romagna i valori fondiari sono in lieve aumento (+1,4%), ma l’alluvione dello scorso maggio potrebbe delineare nuovi scenari.
Nelle pagine di Agrimpresa riportiamo un quadro generale, più dettagliato, per le singole province.