L’Italia leader nel settore bio, in Emilia Romagna aumentano le superfici

dossier biologico

Alessandra Giovannini

In attesa dei numeri aggiornati che verranno presenti in occasione del Sana, il Salone Internazionale del Biologico e del Naturale il 9 settembre a BolognaFiere, gli ultimi elementi disponibili che riguardano il bio fotografano la situazione nel 2019 e sono raccolti nel rapporto “Bio in cifre” prodotti da Ismea, l’Istituto di Servizi per il Mercato agricolo alimentare. Sono, comunque, numeri sempre più interessanti e in continuo aumento tra i consumatori.

Il biologico italiano vanta una superficie agricola utilizzata del 15,8%, contro una media europea del 7,8%. In Emilia Romagna l’incidenza è del 15,4%.
La superficie biologica raggiunge quota 1.993.236 ettari segnando, rispetto al 2018, un +35 mila ettari con una crescita contenuta al 2%.

L’analisi della distribuzione geografica conferma che, anche nel 2019, il 51% dell’intera superfi­cie biologica nazionale si trova in 4 Regioni: Si­cilia (370.622 ha), Puglia (266.274 ha), Calabria (208.292 ha) ed Emilia Romagna (166.525). Ri­spetto al 2018, nella nostra regione la variazione è in aumento del 7%. Nel 2020, la superficie dedicata al biologico è salita a 172mila ettari, secondo i dati forniti a ottobre dalla Regione Emilia Romagna in occasione della presentazione del Sana Restart.

Gli operatori biologici in Italia superano nel 2019 quota 80 mila unità, sono entrati nel si­stema di certificazione per l’agricoltura biolo­gica circa 1600 nuovi operatori per un totale di 80.643 imprese registrate (+2% rispetto al 2018). In Emilia Romagna nel 2019 il totale degli operatori è di 6.027, di questi in particolare, 4.190 sono produttori esclusivi (aziende agricole), 1.073 preparatori esclusivi, 678 produttori/preparatori e 86 importatori. Un trend positivo per la nostra regione che fa segnare un +2% rispetto al 2018.

Come per l’agricoltura italiana, il livello compositivo resta stabile e definito dai 3 orien­tamenti produttivi che pesano sul totale per oltre il 60%: prati pascolo (551.074 ha), colture foraggere (396.748 ha) e cereali (330.284 ha). A queste categorie seguono, per estensione, le superfici biologiche investite a olivo (242.708 ha) e a vite (109.423 ha).

Tra i seminativi e le colture ortive, che aumen­tano di poco più di 12 mila ettari, si confermano in crescita le coltivazioni biologiche a grano duro (6%), orzo (3%) e riso (12%), girasole (26%) e soia (15%), erba medica (8%), pomo­dori (21%) e legumi (13%). Passando all’esame delle colture permanenti, raggiungono complessivamente quota 480.459 ettari nel 2019. Rispetto al 2018, sono da rile­vare gli incrementi positivi di olivo e vite, evi­denziati in precedenza, e la sostanziale stabilità delle categorie dei piccoli frutti e della frutta in guscio.

Mentre continua la corsa della frutta da zona subtropicale (in particolare dei fichi e dei kiwi, che crescono rispettivamente di 102 e di 652 ettari); le superfici ad agrumi tornano ad aumentare, dopo la diminuzione del 2018, di un +3%. Infine, nonostante la flessione (-3%) del gruppo della frutta da zona temperata, sono interessanti gli incrementi registrati dalle mele e dalle pere, le cui estensioni raggiungono rispet­tivamente gli 8.235 e 2.788 ettari.

In Emilia Romagna la superficie biologica maggiormente rappresentativa è quella che occupa le colture foraggere (64.973), seguono prati e pascolo (37.723), cereali (31.310, -4,2%), ortaggi (8.022, +18%), vite (5.158, +14%), colture industriali (4.893), frutta (3.130, +3,6), frutta in guscio (1.636), olivo (1.118, +14%). Da evidenziare che è continuato in Italia nel 2019, lo sviluppo del settore dell’acquacoltura biologica. È, infatti, prose­guita la crescita degli operatori coinvolti, che hanno raggiunto le 59 unità a livello nazionale, con un incremento dell’11% rispetto all’anno precedente. Di queste, 23 sono in Emilia Romagna, nel 2018, sempre nella nostra regione, erano 22.

Un dato interessante è anche quello relativo alla distribuzione. I prodotti biologici non sono più “confinati” nei negozi specializzati, come accadeva fino a pochi anni fa, ma trovano invece sempre più spazio all’interno dei luoghi che, abitualmente, vengono scelti dalle famiglie italiane per la loro spesa quotidiana. Il biologico, quindi, non è più solo un fenomeno di nicchia, ma un universo alimentare sempre più apprezzato dai consumatori attenti alla salute e al benessere psicofisico.

I consumi domestici di alimenti biologici si confermano, così, in grande ascesa. Secondo Ismea, nell’anno terminante a giugno 2020 (quindi influenzato in parte anche dalla pandemia) l’incremento è stato del 4,4%, portando il giro d’affari fino a 3,3 miliardi di euro. Gli aumenti più importanti si registrano nei discount (+10,7%) e nella grande distribuzione (+5,7%), mentre tra i prodotti spiccano gli ortaggi (+7,2%) e le uova (+9,8%).
I dati sull’export del bio made in Italy che oggi vale 2,6 miliardi (38% sul totale. 70% export dairy, 67% export Dop/Igp e 38% vino), posiziona l’Italia al secondo posto tra gli esportatori di prodotti biologici, dopo Usa e prima di Spagna, Cina e Francia.

Proprio nell’anno del Covid, il settore è cresciuto dell’8% con un’incidenza sul totale agroalimentare del 3,5% (5,7% nel 2019). Nel dettaglio, a livello mondiale, i consumi bio sono cresciuti in 10 anni del 115% con Germania, Scandinavia e Stati Uniti tra i mercati con le maggiori prospettive di crescita per i prodotti bio made in Italy. Ad attrarre i mercati esteri sono la pasta (+15,5% nell’ultimo anno), in cima alla classifica dei prodotti bio più apprezzati dal consumatore internazionale; il vino, primo prodotto più esportato (+2,4% sul 2019, +4,7% dal 2014 al 2019) con il 93% dei consumatori americani e il 43% dei cinesi che ritiene importante l’origine italiana del vino bio che acquista.

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E ancora frutta e verdura fresca, secondo prodotto italiano più esportato (+4% sul 2019) e terzo nella classifica dei distintivi del made in Italy secondo il consumatore francese (16%) e tedesco (18%). Infine, l’olio Evo, il 3% del nostro export a valore (+6,5% nel 2020 sul 2019). Per i francesi (27%) e i tedeschi (30%) primo prodotto made in Italy.

Ma, al di là dei numeri, quali sono le motivazioni che spingono i nostri connazionali a scegliere e a preferire i prodotti biologici? Stando al rapporto “Il mercato italiano del bio”, realizzato nel 2018 da Nomisma grazie alla collaborazione con Assobio, il 51% degli intervistati li considera più sani, mentre il 47% ne apprezza la sicurezza e la qualità. Le attenzioni ambientali, infine, sono essenziali per il 26% delle persone.

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