Parmigiano: c’è il piano produttivo, ma per la Cia si poteva fare di più

Maggio 2016

REGGIO EMILIA – Punta nuovamente e decisamente sulla regolamentazione della produzione e sulla valorizzazione delle quote latte trasformabile in Parmigiano Reggiano assegnate direttamente ai produttori, la strategia del Consorzio di tutela per il triennio 2017-2019.

L’Assemblea dei consorziati, infatti, ha approvato (291 voti favorevoli, 65 astenuti e 1 contrario) il “Piano di regolazione dell’offerta” che sostituirà quello che andrà a scadere alla fine del 2016.

“Della proposta che il Consorzio di tutela del Parmigiano Reggiano ha elaborato – affermava in vista dell’Assemblea del 6 aprile il presidente Cia di Reggio Emilia e vice presidente regionale referente per il settore zootecnico, Antenore Cervi – condividiamo la necessità di un piano, perché questo consente in primo luogo una valorizzazione delle quote formaggio; atteso però che il piano non scatta fino ad un aumento produttivo del 4%, ci sembra perciò uno strumento poco efficace nel disincentivare l’aumento di produzione”.
“Avremmo preferito – aggiungeva Cervi – l’introduzione di una modulazione che chiedesse una maggiore contribuzione a chi supera la produzione attuale, fornendo maggiori risorse per andare alla conquista di nuove quote di mercato”.
“In ogni caso non possiamo permetterci – concludeva Cervi – sia per l’espansione della produzione, sia per la delicata situazione istituzionale del Consorzio, una non decisione, che metterebbe il comparto del nostro formaggio allo sbando: per questo rivolgiamo un invito a tutte le rappresentanze ed ai produttori per una scelta responsabile, anche se non la si ritiene la migliore, come è nel nostro caso”.

“Il punto di partenza – ha spiegato in assemblea il vicepresidente vicario Adolfo Filippini – è rappresentato dall’equilibrio tra la quota comprensoriale di riferimento e le quote latte assegnate lo scorso anno direttamente ai produttori, meccanismo che non solo ha consentito di fissare con chiarezza i livelli produttivi in capo al singolo allevatore (e non ai caseifici, come nel caso di altre Dop), ma soprattutto di generare un nuovo valore reale per gli appartenenti alla filiera del Parmigiano, a seguito della cessazione del regime europeo sulle quote latte, che ha azzerato ogni possibilità di scambio e di cessione remunerata per quelle stesse quote”. Il nuovo piano, dunque, prende a riferimento 17.550.000 quintali di latte trasformabile nel comprensorio, garantendo però uno spazio di crescita fino al limite massimo di 18.250.000 quintali di latte, corrispondenti all’ammontare complessivo delle quote latte assegnate agli allevatori.

“Un meccanismo – spiega il vicepresidente vicario Filippini – che punta a premiare il lavoro dei produttori storici di Parmigiano Reggiano e a valorizzare le quote acquisite: chi vorrà inserirsi nella filiera, infatti, dovrà ricorrere proprio all’acquisto di queste quote, perchè in caso contrario sarebbe immediatamente esposto a sanzioni”.
“L’attuazione del piano – prosegue Filippini – prevede compensazioni a livello comprensoriale, e soprattutto le inserisce a favore delle aree di montagna, laddove non esistono sostanziali alternative alla produzione di Parmigiano Reggiano e il formaggio può oggi fregiarsi della denominazione “prodotto di montagna” e di forme di valorizzazione che, grazie allo specifico “Progetto qualità” varato dal Consorzio, hanno già determinato forte interesse nel mondo della distribuzione e un rialzo delle quotazioni che, per i produttori appenninici, già oggi significano un aumento di 3 euro per quintale latte”.

I produttori che rispetteranno la quota assegnata non saranno assoggettati ad alcuna contribuzione aggiuntiva, che invece scatterà modularmente in relazione allo “sforamento”, partendo da 5 euro per quintale latte sino al 3% di esubero per arrivare sino a 20 euro nel caso in cui la quota eccedente superi il 9%.
Oltre alle compensazioni favorevoli alla montagna, un occhio di riguardo è riservato ai giovani, che nel caso di primo insediamento per tre anni usufruiranno di sconti proprio sulle contribuzioni aggiuntive legate ad eventuali produzioni in eccesso.

Dopo l’approvazione dell’Assemblea, il piano passa ora al vaglio dei produttori, che entro il 31 maggio dovranno singolarmente aderire al piano in misura non inferiore al 66%, quota indispensabile affinchè il piano vada in porto e possa essere approvato entro l’anno dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali.
Nella ipotesi – peraltro remota – in cui i produttori non aderissero, cesserebbe ogni possibilità di programmazione (dalla Ue è richiesta continuità in questi meccanismi di autoregolamentazione, pena il loro decadimento) e, a quel punto, anche le quote individuali perderebbero ogni efficacia.

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