Claudio Ferri, direttore Agrimpresa
Parla il presidente dell’Anbi, Francesco Vincenzi, che auspica rapidi interventi infrastrutturali per prevenire le emergenze idriche
Il Grande fiume sempre più sorvegliato speciale. Da almeno due anni è in sofferenza per una crisi idrica senza precedenti, una situazione che mette in difficoltà l’intero bacino che coinvolge regioni ad alta intensità produttiva, e non solo agricola. Un coordinamento tra soggetti istituzionali si rende indispensabile per assicurare nel migliore modo possibile una risorsa che ha usi plurimi.
“Il Po si è ridotto in due anni a poco più di un torrente e sta mettendo in forte difficoltà non solo il modo agricolo, ma l’intera società – osserva Francesco Vincenzi, presidente dell’Anbi, l’Associazione nazionale delle Bonifiche – e se qualche anno fa ci trovavamo nelle condizioni di dover allontanare l’acqua, oggi dobbiamo trattenerla perché il nostro Grande fiume non riesce più non solo a soddisfare e garantire quel minimo di flusso di acqua, ma anche dare garanzia di tenuta sociale, economica ed ambientale del nostro bacino”.
Quali soluzioni allora?
Quello che oggi è importante fare, e che stiamo facendo con l’autorità di bacino del Po insieme a tutti i soggetti che usufruiscono della risorsa acqua – ma anche con i soggetti decisori, mi riferisco alle regioni, i regolatori dei laghi e con la collaborazione delle associazioni – è di cercare e trovare soluzioni a questa situazione, condividendo un percorso anticipando i tempi di risposta operativa. Purtroppo non dobbiamo dare nulla di scontato, come la presenza dell’acqua durante i mesi estivi assicurata dalla neve abbondante delle Alpi. Oggi questa certezza non l’abbiamo più e proprio per evitare i conflitti tra gli usi nei vari territori dobbiamo agire preventivamente.
Quindi?
Stiamo mettendo in campo quelle azioni che ci permettono di anticipare ciò che sarà sicuramente, purtroppo, una annata molto molto difficile perché manca il 70% della pioggia e il 60% della neve che cade mediamente in un anno. Allo stesso tempo implementiamo le tecniche di efficientamento del sistema irriguo con ‘Irriframe’ e siamo prossimi alla certificazione di sostenibilità idrica denominata Goccia Verde.
C’è conflittualità tra regioni, dal momento che il Po serve diverse aree produttive ?
C’è una conflittualità storia ed atavica tra soggetti a monte rispetto quelli a valle del fiume. Oggi questi contrasti si sono ridotti perché il tema non è più di chi deve avere l’acqua, ma garantirsi la disponibilità della risorsa. Oggi, proprio le regioni che storicamente si sono contraddistinte per i maggiori prelievi della risorsa nell’arco dell’anno come Piemonte e Lombardia, oggi sono le prime ad essere in fortissima difficoltà per quanto riguarda la quantità di acqua. Quindi oggi il conflitto si traduce in un coordinamento, soprattutto nella condivisione di intenti che ci permette di dare risposte nel breve, medio e lungo periodo.
I grandi laghi del nord hanno una importanza strategica per garantire, nei periodi di siccità, livelli accettabili del fiume?
I laghi alpini sono regolati artificialmente nel deflusso delle acque e sono importanti per l’economia dei territori, quindi diminuire o aumentare i livelli dei bacini condiziona la fruizione dei litorali e delle aree balneabili.Tuttavia la legge Galli è chiara e ci dice quali sono le priorità dell’uso dell’acqua: dobbiamo cercare di fare prevalere quella che la norma indica, ovvero l’uso umano innanzitutto, quindi garantire la risorsa alla popolazione nella giusta quantità. Poi c’è l’uso agricolo, e anche qui dobbiamo fare uno sforzo importante per l’efficientamento, cosa che stiamo già facendo. Ma dobbiamo fare i conti anche con gli altri usi, come quello energetici: oggi i costi sono alti e anche chi produce energia subisce i danni di questa siccità.
Pensate alle centrali che per raffreddare gli impianti necessitano di acque del Po. Non dobbiamo dimenticarci che molti dei nostri territori dipendono anche da nazioni transfrontaliere, pensiamo alla Svizzera o alla Slovenia che con il fiume Isonzo interessa il bacino del nordest. Quindi anche il rapporto con altri stati europei deve essere franco, onesto, di condivisione d’intenti.
Le strutture esistenti sono sufficienti per affrontare il futuro?
Siamo tutti concordi nel dire che vogliamo infrastrutturare il Paese perché ormai la carenza idrica non è più un’emergenza, quindi occorrono scelte e decisioni che ci permettono di agire in fretta, ma nello stesso tempo che diano soluzioni di lungo periodo. In sostanza dobbiamo aumentare la quantità di acqua trattenuta e passare dall11% al 35 – 40% nei prossimi 10 anni realizzando un piano che prevede la realizzazione di laghetti e invasi capaci di contenere l’acqua piovana.