È di circa 4,8 milioni di tonnellate il quantitativo di pomodoro da industria lavorato in Italia nel corso del 2019
PARMA – È un dato leggermente più alto di quello del 2018, quando il pomodoro lavorato lungo tutto lo Stivale raggiunse i 4,65 milioni di tonnellate, ma comunque più contenuto rispetto ad una previsione intorno ai 5 milioni di tonnellate che in tanti avevano prospettato ad inizio campagna. A livello mondiale previsioni in contrazione per la California, mentre in Europa segnali positivi arrivano dalla Spagna, per altro uno dei principali competitor del pomodoro italiano. Le stime del Wptc (World processing tomato counsil) di metà ottobre parlano di una produzione mondiale di 36,7 milioni di tonnellate, in aumento del 5,6% rispetto al 2018, ma in calo del 1,5% rispetto alle previsioni di febbraio.
L’Organizzazione interprofessionale Oi Pomodoro da industria del Nord Italia ha comunicato il dato di fine campagna, quasi definitivo, al netto degli aggiustamenti prima del dato consolidato, informando che, alla data del 13 ottobre, risultavano lavorate 2.366.508 tonnellate, quasi l’82% di quanto era stato contrattato ad inizio campagna con un quantitativo, quindi, sostanzialmente in linea con quello dello scorso anno. In calo le rese: nel 2019 si è raggiunta quota 65 tonnellate per ettaro al cospetto di una media quinquennale di circa 70 tonnellate per ettaro. Buona la qualità del pomodoro lavorato al Nord, come testimonia il grado brix di 4,76, in media con gli anni passati. Nel complesso, in tutto il Nord Italia sono stati coltivati 36.600 ettari di pomodoro da industria, in aumento rispetto allo scorso anno mentre a livello nazionale gli ettari complessivi (dato Anicav) sono stati 64.500. L’Italia si conferma il secondo trasformatore mondiale dopo gli Usa e rappresenta il 13% della produzione mondiale e circa la metà del trasformato europeo, con un fatturato totale di oltre 3,3 miliardi di euro.
“Manca circa il 18% del pomodoro contrattato – ha commentato Tiberio Rabboni, presidente dell’Oi -, ma ad incidere sul risultato è stata soprattutto la bassa resa per ettaro. Questo perché la campagna 2019 ha dovuto affrontare, specie nella fase iniziale, numerose difficoltà sul piano climatico. Hanno inciso le piogge continue ed il freddo di maggio, che hanno comportato in diverse zone uno spostamento in avanti anche di un paio di settimane dei trapianti e le successive ondate di calore che non hanno permesso uno sviluppo omogeno delle piantine. Uno scenario che dimostra, ancora una volta, come vada affrontato, in modo efficace, il tema del cambiamento climatico. Il dato del consegnato di quest’anno è solo lievemente inferiore a quello dello scorso anno perché, pur a fronte di una superficie maggiore, le rese per ettaro sono poi state molto più contenute rispetto alle previsioni. Il bel tempo dei mesi di settembre ed ottobre ha permesso di recuperare quantitativi di produzione tanto che, storicamente, non si era mai arrivati così avanti nel tempo, oltre la terza settimana di ottobre, con la campagna di raccolta del pomodoro negli ultimi anni”.
L’Anicav (Associazione nazionale industriali delle conserve alimentari vegetali) nel commentare l’andamento della campagna, ha messo in evidenza che i “continui ‘stop and go’ degli impianti e l’allungamento della campagna hanno causato aumenti dei costi energetici, mentre le minori rese industriali, legate all’esigenza di utilizzare maggiori quantità di materia prima per riuscire a garantire gli elevati standard qualitativi, hanno avuto un impatto rilevante sui costi di produzione”.



