Cristiano Fini, presidente Cia – Agricoltori italiani Emilia Romagna
In Emilia Romagna, come nel resto d’Italia, ci troviamo di fronte a tante agricolture. Sono differenti per indirizzo produttivo, diverse tra loro rispetto alla collocazione altimetrica ed ancora si distinguono come agricolture di presidio del territorio, anziché rivolgersi ai mercati con elevati livelli di competitività.
Tutti fattori ben miscelati tra di loro nella variegata composizione delle aziende agricole presenti sull’Appennino emiliano romagnolo che fanno dell’Italia un modello di economia rurale unico.
Non è frequente trovare tante imprese agricole in zone montane capaci di stare sui mercati ed investire sul territorio risorse economiche ed umane, ed è altrettanto vero che un tessuto di piccole aziende, meno strutturate di altre, garantisce un presidio attento e costante verso l’ambiente e la socialità nelle aree rurali.
Questo mix viene sostenuto ed incentivato dalle istituzioni locali, consapevoli del fatto che la tenuta dell’economia agricola nelle aree montane riduce lo spopolamento di quei territori e contrasta i fenomeni distruttivi dell’erosione e del dissesto idrogeologico.
Nel nostro Appennino la parte del leone viene fatta dalla zootecnia da latte per la produzione di Parmigiano Reggiano, in particolar modo nell’area emiliana si coltivano cereali e foraggi indispensabili per l’alimentazione delle bovine: stalle e caseifici fanno il resto dando, peraltro, un ottimo contributo all’occupazione. Nel territorio romagnolo troviamo invece viticoltura, orticoltura, olivicoltura e coltivazione di cereali. Qui le aziende sono più frammentate ed hanno investito parecchio sulla qualità della materia prima. Ma il nostro territorio montano si contraddistingue anche per le coltivazioni ecosostenibili, attraverso metodi di lotta integrata, biologica e biodinamica, garantendo produzioni salubri nel rispetto dell’ambiente circostante e della biodiversità.
Il connubio tra un bel paesaggio – incontaminato – affiancato dalla produzione delle nostre eccellenze ha fatto crescere un’offerta enogastronomica unica in Italia, incentivata anche dalla nascita di molti agriturismi che, al pari di tante aziende agricole, sono i veri custodi del territorio montano.
Tuttavia, le difficoltà che devono affrontare le imprese di montagna sono tante, prima fra tutte i costi elevatissimi di produzione, ben al di sopra delle medesime aziende di pianura. Inoltre le insidie di carattere logistico rendono più difficoltosa la collocazione delle merci sui mercati, siano essi vicini o addirittura fuori dai confini nazionali. Poi c’è il cronico problema dell’invasività della fauna selvatica che disincentiva le imprese ad investire: su questo tasto è necessario intervenire radicalmente con una revisione della legge 157, quella che disciplina l’attività venatoria.
Le imprese di questi territori hanno quindi due esigenze prioritarie: la prima è la maggiore valorizzazione dei prodotti agricoli attraverso l’indicazione in etichetta del marchio ‘Prodotto di Montagna’. L’altra consiste nel migliorare la rete infrastrutturale nelle aree montane e ripristinare i movimenti franosi che rallentano la circolazione dei mezzi e delle merci.
Abbiamo perciò tutti il dovere, cittadini ed istituzioni, di preservare il patrimonio agricolo dell’Appennino emiliano romagnolo per migliorare la qualità della vita di quei territori, incrementare la ricezione turistica e presidiare un territorio con grandi fragilità.