Erika Angelini
BOLOGNA – Il cambiamento climatico è una delle sfide più complesse per i territori e il settore agricolo che li coinvolge direttamente non solo per i danni subiti a causa dei fenomeni estremi, ma anche per il consumo di suolo e le azioni di riduzione delle emissioni in atmosfera richieste alle aziende. Un tema “caldissimo” che è stato affrontato nel corso del convegno “Acqua le nuove sfide da affrontare in agricoltura” che si è tenuto lo scorso 11 novembre a Bologna, organizzato da Cia-Agricoltori Italiani in collaborazione con Anbi – Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue.
Il convegno ha visto una prima parte di interventi tecnici, aperti dalla relazione del direttore di Cia-Agricoltori Italiani Emilia Romagna, Gianni Razzano che ha introdotto il tema della giornata: “I fenomeni atmosferici intensi sono aumentati del 400% negli ultimi due anni al Nord mentre al Sud ci sono zone dove c’è una profonda crisi idrica. Eventi estremi legati al clima che costano in termini di opere e vite umane visto che l’Italia è uno dei paesi a più a rischio idrogeologico. In questo contesto non si può usare un approccio emergenziale ma dobbiamo mettere in atto azioni concrete e coerenti: progettare nuove opere resilienti per la gestione della risorsa idrica, prevedere il riutilizzo delle acque di depurazione, preziose e immediatamente disponibili e creare un sistema di invasi e bacini per trattenere le acque, senza lasciarsi andare a suggestioni edificatorie. Occorre, dunque, una stagione straordinaria di interventi a breve, lungo e medio periodo nel quale il settore agricolo deve avere una centralità perché da questo dipende la produzione di cibo e tutela dei territori’.
Un convegno promosso da Cia e Anbi, Francia: “Stiamo affrontando il tema dell’acqua e dei cambiamenti climatici in modo scientifico”
A seguire gli interventi tecnici per capire meglio i mutamenti del clima a partire da Luca Lombroso, meteorologo Ampro e divulgatore ambientale con un intervento dal titolo ‘Conoscere il cambiamento climatico’. “Fino a qualche anno fa non c’era la certezza che i cambiamenti climatici fossero responsabili degli eventi estremi, ora invece anche i meteorologici ammettono la stretta correlazione. Perché ci sono questi fenomeni estremi? Sono dei veri e propri “colpi di frusta” dovuti ai gas serra: l’aria calda contiene umidità e ogni grado in più significa anche il 7% di vapore in più che genera precipitazioni intense. Sull’Europa c’è poi un ‘Fiume atmosferico’ che trasporta vapore dai tropici alle medie latitudini in quantità incredibili, maggiore dei più grandi fiumi del pianeta terra. A questo si aggiungono delle vere e proprie ondate di calore marino, con le temperature del mare al di sopra della media e l’incontro di questi due elementi fa cadere in poco tempo molti millimetri di pioggia. Per evitare di surriscaldare dobbiamo cercare di ridurre del 42% le emissioni entro il 2030 e deve essere un impegno condiviso da tutti i settori che emettono anidride carbonica in atmosfera”.
I cambiamenti del clima generano anche un impoverimento del suolo, come ha spiegato Giuseppe Corti, direttore Crea Agricoltura e Ambiente. “In Italia dobbiamo gestire uno stato di fatto: l’edificazione che ha raggiunto in alcuni regioni il 12%, una percentuale diventata insostenibile. Sul cemento, infatti, l’acqua corre velocemente provocando i problemi che ormai conosciamo fin troppo bene. La cementificazione è dunque la causa principale dei disastri degli ultimi anni e ha condizionato un lento degrado del suolo con una perdita costante di sostanza organica, l’unica che riesce a creare una struttura del terreno che permette all’acqua di penetrare per poi essere rilasciata nella falda e, con i tempi giusti, ritornare al mare. Quindi quando piove molto l’acqua non penetra, ma scivola via velocemente, producendo i fenomeni alluvionali che ben conosciamo. Inoltre l’acqua che corre via ci lascia un suolo asciutto che porta poi a una siccità fisiologica: piove abbastanza ma l’acqua non penetra nei terreni che non la riescono a trattenere e quindi devo irrigare anche colture non irrigue. Dobbiamo dunque trattare il terreno come un corpo vivo, gestendo al meglio la sostanza organica e applicando tecniche agronomiche per ritornare ad avere strutture del suolo che consentano il corretto ciclo dell’acqua e riescano a sopportare i fenomeni climatici estremi”.
Un ruolo essenziale nella gestione della risorsa idrica è quella dei Consorzi di Bonifica, come ha spiegato Francesco Vincenzi, presidente nazionale Anbi. “Non possiamo pensare di vincere le sfide del settore agricolo senza andare contro al modello di sviluppo degli ultimi 50 anni. L’acqua non é più solo un problema dell’agricoltura e la sua gestione riguarda tutti perché è legata alla sicurezza dei territori. Il paese deve dunque fare un passaggio culturale importante se vuole rimanere tra quelli più evoluti: smettere di trattare i cambiamenti climatici in emergenza. Dobbiamo avere il tempo di progettare le opere di adattamento e fare manutenzione straordinaria e non possiamo certo aspettare i lunghi tempi della mitigazione climatica, ma agire a breve termine. Poi certo occorre una programmazione di medio e lungo periodo per realizzare nuovi impianti idrovori perché non possiamo pensare di andare avanti in alcune zone con strutture obsolete non più adeguate al presente. Attualmente siamo fermi all’11% di acqua che riusciamo a trattenere contro, ad esempio, il 35% della Spagna. L’acqua deve diventare un elemento di competitività per il nostro agroalimentare, un obiettivo che possiamo raggiungere utilizzando bene e con trasparenza tutte le risorse europee a disposizione. Una cosa positiva è sicuramente lo PNIISSI-Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico, che prevede investimenti di dieci miliardi nei prossimi dieci anni che potrebbe portare avanti il paese con una visione di medio e lungo termine per la gestione dell’acqua e del territorio”.
Ha chiuso la prima parte dei lavori Stefano Francia, presidente di Cia-Agricoltori Italiani Emilia Romagna che ha detto: “Oggi stiamo affrontando il tema dell’acqua e dei cambiamenti climatici in modo scientifico ed è raro visto che spesso, soprattutto sui social media, viene trattato in maniera superficiale, facendo lotte ideologiche su quello che viviamo ogni giorno. Sappiamo ormai che l’acqua è stata protagonista negli ultimi anni per la sua assenza che ha portato momenti di siccità estrema o per gli eccessi di pioggia straordinaria, che in alcuni casi hanno costretto le aziende agricole a modificare i piani colturali. Questo ci deve far riflettere sulle opere necessarie all’agricoltura del futuro, per le quali servono risorse ingenti che negli ultimi anni non sono arrivate, portando al forte ritardo che stanno vivendo i territori e le aziende agricole. Servono poi politiche di gestione del suolo che consentano agli agricoltori di aumentare la fertilità dei terreni, non solo per migliorare la produttività ma anche per limitare gli eventi catastrofici provocati dall’acqua che non riesce a penetrare nel suolo. Naturalmente è fondamentale, in questo contesto, un piano invasi non solo nelle zone dove è più difficile garantire l’irrigazione, ma anche in quei territori dove sinora non era necessaria e dove, invece, sono diventate irrigue anche colture che non lo sono mai state”.
Altro tema fondamentale toccato nel corso del convegno è quello del paesaggio, strettamente legato all’agricoltura e alla difesa dal dissesto idrogeologico. “Come associazione – ha continuato Francia – ci stiamo impegnando a mantenere i servizi in alcuni territori montani e collinari dall’alto valore paesaggistico per evitare non solo lo spopolamento, ma i danni provocati dalla mancata tutela ambientale svolta quotidianamente dalle aziende agricole. Poi c’è il grande tema delle acque reflue depurate per le quali devono avere un ruolo attivo le multiutility. Se riutilizziamo l’acqua per uso civile, sono milioni di metri cubi che possono avere una preziosa seconda vita. Concludo dicendo che il sistema delle bonifiche è quello che ha fatto crescere l’agricoltura nel nostro paese e per questo dobbiamo difendere fortemente il loro operato a livello nazionale”.
Da sempre parte attiva nelle attività agricole, le imprenditrici agricole oggi stanno assumendo un ruolo sempre più rilevante anche nei ruoli manageriali e tecnologici, ha detto a margine dei lavori Miriana Onofri, presidente di Donne in Campo Emilia Romagna “grazie all’integrazione dell’agricoltura con le nuove tecnologie, comprese quelle che consentono il risparmio idrico e l’utilizzo razionale della risorsa acqua”.