Novembre 2015
Erika Angelini
Iniziata sotto i migliori auspici, nonostante i problemi vegetativi provocati dalle alte temperature di luglio, la campagna del riso in Emilia Romagna non sta portando i risultati previsti.
Le piogge intense e l’alto grado di umidità dell’aria di settembre e ottobre hanno ritardato la raccolta del prodotto di diverse settimane, provocando problemi sul campo e durante la lavorazione. Ritardo che sta facendo diminuire sensibilmente, a livello regionale e nazionale, la quantità di prodotto raccolta di un 15-20% che corrispondono, in media, a 10-15 q/ha in meno.
In Emilia Romagna la superficie investita a riso nel 2015 è di oltre 7600 ettari, secondo i dati aggiornati dell’Ente Nazionale Risi, concentrati prevalentemente nel ferrarese (7.200), a cui fa seguito Modena con 266 ettari e Bologna che ne ha seminati 130. Lasciare il riso già maturo e pronto per la raccolta in campo – spiega Massimo Piva, risicoltore e membro del Gruppo economico cereali di Cia Emilia Romagna – a causa dell’eccesso di precipitazioni è un problema per tutta la filiera risicola. Per i produttori significa mietere in condizioni di campo difficili, con il forte rischio di caduta di prodotto e ad umidità molto elevate. Significa, inoltre, per chi opera direttamente l’essiccazione in impianti aziendali, veder aumentare i costi di gestione, perché risi così umidi richiedono tempi più lunghi di essiccazione. Questi problemi – continua Piva – fanno diminuire anche la resa industriale del riso. Il chicco maturo bagnato e lasciato in campo, infatti, tende naturalmente a gonfiarsi per poi restringersi in fase di asciugatura. Questo ciclo, in condizioni climatiche non favorevoli, può ripetersi più volte provocando il fenomeno della fessurazione, delle vere e proprie “crepe” che fanno spezzare il chicco in fase di lavorazione. Il risultato finale è un calo produttivo generalizzato e non solo nella nostra regione ma in tutta Italia, perché i fenomeni atmosferici e gli alti tassi di umidità hanno caratterizzato tutte le zone maggiormente vocate alla produzione di riso”.
Sul tavolo della risicoltura italiana però, oltre ai problemi produttivi del 2015, permangono i problemi di mercato e c’è particolare preoccupazioni per le possibili ulteriori aperture alle importazioni di riso (della varietà Indica) dai paesi Eba (Everything but arms) – un accordo che consente l’esenzione da dazi per l’accesso in Europa di prodotti (escluse appunto armi e munizioni) provenienti da paesi meno sviluppati – che potrebbero mettere in difficoltà l’intera filiera. Attualmente, secondo una ricerca dell’Ente Nazionale Risi, il 68% di riso importato in Europa entra senza pagare dazio e l’Unione europea sta pensando di includere nei paesi esenti anche Thailandia e Vietnam, dopo Cambogia e Myanmar.
Questo aumento sconsiderato delle importazioni va ovviamente ad influire sui prezzi di mercato del riso europeo, che si mantengono troppo bassi e non consentono ai risicoltori italiani di coprire i costi di produzione. Attualmente il prezzo dell’Indica, nonostante i cali produttivi e la minor presenza di prodotto, si aggira sui 30 euro al quintale. Un prezzo non soddisfacente, soprattutto se si pensa che i risi della stessa varietà possono entrare dai paesi Eba anche a 20 euro/q, quindi a quotazioni decisamente più concorrenziali. Questi prezzi dei risi da esportazione sono leggermente compensati dall’aumento di alcune varietà di Japonica – i cosiddetti risottieri – come il Baldo che è in ripresa ed è passato da poco più di 30 a circa 40 euro al quintale. Abbastanza stabili i prezzi di Arborio/Volano che si attestano sui 70 e il Carnaroli/Karnak a 75 euro/q.
“Non sappiamo ancora con certezza – conclude Piva – se verrà presentata la “clausola di salvaguardia” a protezione del mercato italiano ed europeo dalle importazioni senza dazi. Certo è che questi prezzi, seppur in leggero rialzo, non consentiranno probabilmente ai produttori di competere su un mercato globale dove la concorrenza estera è così forte. Serve, dunque, maggiore attenzione per la risicoltura italiana, una produzione di qualità che non può e non deve essere schiacciata dalla mancanza di azioni di tutela”.