L’analisi dei dati sui pagamenti diretti della Politica Agricola Comune (Pac) rivela una realtà ben nota ma spesso sottovalutata: una quota significativa dei fondi viene assorbita da un numero ristretto di grandi aziende agricole, lasciando ai piccoli e medi agricoltori solo una parte residuale delle risorse disponibili.
Distribuzione squilibrata delle Risorse
Dai dati di Agea e analizzati da Cia, emerge che le aziende agricole situate in zone montane rappresentano il 40,39% del totale e ricevono il 39,61% dei premi Pac, con un contributo medio di 3.742,80 euro per azienda. Al contrario, le aziende non montane costituiscono il 59,61% e ricevono il 60,39% dei premi, con una media leggermente superiore, pari a 3.866,38 euro.
A prima vista, questa distribuzione sembrerebbe equa, ma non tiene conto del fatto che una parte considerevole dei fondi si concentra nelle mani di pochissimi soggetti con superfici molto estese e capitali già consolidati.
Il paradosso delle grandi aziende
Uno dei principali problemi della Pac è il sistema di pagamento per ettaro, che avvantaggia in maniera sproporzionata le aziende più grandi. Questo significa che una manciata di soggetti, con superfici enormi e capacità di investimento elevate, riesce a ottenere milioni di euro, mentre la maggior parte delle aziende di piccole e medie dimensioni riceve contributi molto più bassi, spesso insufficienti a garantire la sostenibilità economica. Questo squilibrio rischia di accentuare il declino delle aziende a conduzione familiare e delle realtà agricole minori, che costituiscono invece l’ossatura del settore agricolo italiano e il fulcro della produzione di qualità e della tutela del territorio.
Le conseguenze sul settore agricolo
L’attuale distribuzione dei premi Pac ha diverse conseguenze negative:
1. Spopolamento delle zone rurali e montane – Le piccole aziende, che garantiscono la permanenza della popolazione nelle aree più difficili, faticano a competere con le grandi realtà industrializzate.
2. Monopolizzazione delle risorse – Le grandi aziende, grazie ai finanziamenti elevati, riescono ad acquisire nuove terre, ampliando il proprio dominio e rendendo più difficile l’accesso ai giovani agricoltori.
3. Riduzione della diversità agricola – L’orientamento della Pac premia spesso modelli di agricoltura intensiva e monocolturale, a discapito della biodiversità e delle produzioni tipiche locali.
Una Pac più equa: le proposte di riforma
Per riequilibrare la situazione, sarebbe necessario introdurre criteri di distribuzione più equi, come:
• tetto massimo ai contributi per le aziende di grandi dimensioni, per evitare la concentrazione delle risorse su pochi beneficiari
• maggiori incentivi alle aziende piccole e a conduzione familiare, che garantiscono la tutela del territorio e della biodiversità
• sostegno mirato ai giovani agricoltori per favorire il ricambio generazionale e il rilancio dell’agricoltura nelle aree più svantaggiate
Senza una revisione della politica di distribuzione della Politica agricola il rischio è quello di vedere un’agricoltura sempre più nelle mani di pochi, con conseguenze gravi per il tessuto economico e sociale delle aree rurali italiane.