Ritorno alla “normalità” per le pere estive, potenziale produttivo ridotto

Erika Angelini

Ferrara – Dopo un’annata 2023 che si può tranquillamente definire disastrosa, tutti gli indicatori fanno pensare a una campagna 2024 contraddistinta dal ritorno a una produttività quantomeno sufficiente.
I dati raccolti ed elaborati da Cso Italy e diffusi a metà luglio dal Comitato di Coordinamento dell’Oi Pera non lasciano, infatti, spazio a dubbi: la pericoltura emiliano-romagnola è cambiata profondamente e non possiamo più fare un confronto con le medie storiche ma parlare, piuttosto, di una nuova “normalità” produttiva.

Dal 2019, infatti, le rese sono state fortemente condizionate dai fattori climatici, in particolare le gelate tardive, e sono iniziati gli espianti che hanno fortemente ridotto le superfici investite, passate a livello nazionale dai 35-36mila ettari di 15 anni fa ai 21mila del 2024, mentre in Emilia Romagna sono scese a 11mila ettari. Anche il potenziale produttivo, a causa delle fitopatologie e della contrazione delle superfici, è passato dalle 750.000 tonnellate di cinque anni fa, di cui oltre 500.000 prodotte in Emilia Romagna, alle circa 500mila totali e alle 300mila in arrivo dalla nostra Regione.

Stime e primi dati sul raccolto appaiono positivi ma in due anni è andato perso il 22% delle superfici


Quest’anno la stima totale italiana è di circa 405.000 tonnellate, più del doppio rispetto ai valori del 2023 ma il 20% in meno sul 2022, mentre in Emilia Romagna siamo a circa 245 tonnellate stimate, un dato vicino, appunto, all’attuale potenziale emiliano-romagnolo.

A confermare questa tendenza anche i primi riscontri in campo dei pericoltori in uno degli areali più vocati come quello ferrarese, come spiega il produttore Davide Pocaterra di San Martino: “Dopo anni certamente negativi a livello produttivo stiamo entrando in una campagna produttiva diciamo normale, se questo termine ha ancora un senso per definire la nostra pericoltura. La raccolta delle pere estive Santa Maria, Carmen e William sta entrando nel vivo, il prodotto c’è, fatto che nelle ultime annate non era scontato perché le gelate lo avevano falcidiato, e i prodotti sono sani. Certo, si tratta di una fotografia al momento parziale, ma posso dire che anche cimice asiatica è molto contenuta e la maculatura bruna non sta dando particolari problemi perché con i trattamenti siamo riusciti a limitare moltissimo la diffusione.
Unico neo è la pezzatura un po’ sotto la media per tutte le varietà estive, in particolare la Carmen che però devo dire rimane una delle varietà più resilienti ai cambiamenti climatici.
Anche la produttività della William appare sicuramente tornata alla normalità, pur non rientrando nei livelli di resa di cinque anni fa perché soffre molto gli sbalzi termici diventati molto frequenti negli ultimi anni. Questa varietà ha però il pregio che viene pagata anche per la seconda qualità e lo scarto perché naturalmente viene utilizzata per la trasformazione industriale: una magra consolazione ma nelle precedenti campagne a reddito quasi zero ha fatto la differenza.

Il susseguirsi di campagne produttive negative come le precedenti, in particolare quella del 2021 e 2023, hanno comunque cambiato il modo di fare pericoltura nel nostro territorio e anche le dinamiche della filiera che comunque si è trovata letteralmente senza prodotto da lavorare e trasformare.
Ecco, quindi, che chi aveva puntato tutto su quella che è sempre stata un’eccellenza territoriale come l’Abate ha dovuto cambiare direzione e puntare su altre varietà o addirittura sulla mela, che richiede meno trattamenti e rimane un prodotto più rustico, che meglio sopporta i cambiamenti climatici. Dispiace, perché la produzione della pera è sempre stata caratterizzante per il nostro territorio, ma le aziende frutticole hanno attraversato anni di bilanci in rosso e si sono trovate a fare delle scelte anche molto difficili, visto che comunque affezione per la coltura pericola, ma necessarie per la loro sopravvivenza.
La speranza è che vengano messe a punto varietà e modalità produttive che sopportino meglio i fenomeni climatici estremi e possano dare, nel prossimo futuro, una nuova vita alla pericoltura emiliano-romagnola”.

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