Marzo 2015
Parla Antenore Cervi, referente Cia per il comparto zootecnico dell’Emilia Romagna
“La stagione delle quote latte è finita, ma ci sarà una coda.
Siamo in infrazione con la Comunità europea per la mancata riscossione di 1,7 miliardi di multe. A queste si devono sommare i miliardi che lo stato, i cittadini italiani e i produttori agricoli hanno già dovuto sborsare in termini di mancate risorse.
Un disastro durato trent’anni, dove si sono sommate responsabilità politiche, leggerezze amministrative e furbizie in salsa italiana. Qualcuno, prima o poi, dovrebbe fare i conti di questo disastro e dei danni inferti all’agricoltura italiana”. Chi parla è Antenore Cervi, presidente della Cia di Reggio Emilia e referente per il comparto zootecnico dell’Emilia Romagna.
Cominciamo allora a dire chi sono i responsabili di questo disastro.
Il primo errore è stato quello di affidare all’Istat il censimento del nostro patrimonio bovino.
È venuta fuori una sorta di autocertificazione al ribasso. Per cui, nel 1983, anno di nascita delle quote latte, abbiamo dato all’Europa dei dati produttivi che non dicevano la verità, ma sono stati presi per buoni. Questo ha voluto dire l’assegnazione di una quota produttiva nazionale pari a quella della popolazione della Lombardia. Un non senso.
Poi?
Il negoziato con l’Europa fu gestito dall’allora ministro dell’Agricoltura Pandolfi il quale dichiarò che “l’Italia non avrebbe mai pagato delle multe sul latte!”. Si fece qualcosa per rinegoziare quella quota ma, nel frattempo, la nostra produzione di latte cresceva e con essa le multe, in gran parte pagate dallo Stato. Questo fatto è stato considerato illegale da altri stati europei.
La Corte di Giustizia lo ha considerato un sistema per aggirare le regole comunitarie e ha quindi ordinato all’Italia di applicare le multe agli allevatori.
Da qui la nascita dei Cobas e della mucca Ercolina.
Esatto. Da qui nascono le fortune politiche della Lega Nord e le disparità fra una minoranza esigua di allevatori e la stragrande maggioranza di questi. I vari Bossi, Giovanni Robusti, Fabio Rainieri e Corradi della Lega non sono certo finiti nei debiti per le quote latte. Loro hanno sempre ragionato come quel tale che avendo una Ferrari diceva di non voler rispettare i limiti di velocità. Andava a 300 all’ora, gli arrivavano le multe e lui le pagava, tanto aveva i soldi per farlo.
Poi, però, gli hanno ritirato la patente e sequestrato la Ferrari.
Anche a certi politici bisognava ritirare la patente di rappresentanti del mondo agricolo.
Qual’è stata la posizione della Cia in questi anni?
Una posizione chiara: una volta rinegoziate le quote andavano rispettate e le multe pagate. Purtroppo non è stato così. Un’esigua minoranza ha continuato a dire che le regole le devono rispettare gli altri, c’è stato il fenomeno del latte in nero, si è stravolto il mercato e diviso gli allevatori. Noi però abbiamo sempre pensato all’Europa come a un punto di riferimento per le politiche agricole e continuiamo a dirlo anche oggi.
Cosa dobbiamo aspettarci sul dopo quote?
Se parliamo di Parmigiano Reggiano credo sia necessario rivedere il ruolo del Consorzio. Non possiamo andare verso l’industrializzazione del comparto, quindi: si applichino i disiplinari per far emergere la qualità del nostro formaggio. Anche qui dobbiamo dire una parola chiara: chi sgarra va espulso dal sistema. Dobbiamo aggiungere che il prodotto non idoneo non deve andare sul mercato. Il futuro passa attraverso la qualità, l’interprofessione e il rispetto delle regole condivise.