Un ‘pronto intervento’ per gli sciami: la singolare specializzazione dell’apicoltore Mazzotti

Giugno 2017

Lucia Betti

CASAL BORSETTI – (Ravenna) – Simone Mazzotti ha 39 anni e 5 anni fa ha iniziato a dedicarsi all’apicoltura. Lasciata la sua ferramenta a Casal Borsetti, ha frequentato il corso organizzato dall’Associazione romagnola apicoltori (Ara) di Bagnacavallo e, inizialmente con 10 arnie, ha intrapreso questo nuovo lavoro.

Ora di arnie ne ha una novantina e produce miele che vende a privati ed esercizi commerciali della provincia di Ravenna. Sta pensando di ampliare la propria dotazione di alveari; è fra gli apicoltori disponibili ad intervenire per prelevare alveari che possono formarsi nelle abitazioni o in alberi e altri siti limitrofi alle abitazioni; ha realizzato un canale youtube nel quale pubblica video di formazione sull’apicoltura (https://www.youtube.com/c/ApicolturaMazzotti22).

È il 12 giugno quando lo incontriamo e ci accompagna a vedere da vicino una postazione di 6/7 arnie collocate a ridosso di tigli nell’alfonsinese. La stagione della raccolta del miele si concentra, nella nostra area geografica, nei mesi di maggio, giugno e luglio. Le api sono nel pieno del loro lavoro e l’opportunità di vederle all’opera è un’esperienza emozionante. Indossiamo il casco, la tuta e i guanti e siamo pronti per questo viaggio nella potenza e nella magia della natura, che lascia senza respiro. Volevamo scattare anche qualche foto in diretta, ma un po’ il timore un po’ lo stupore, di foto di Simone, delle sue api, di una regina… lì così vicini, non ne abbiamo fatte.
Anche perché ce ne ronzavano intorno diverse e non volevamo innervosirle. Simone ci tranquillizza: “Sono le api guardiane, quelle che hanno dai 19 ai 21 giorni di età e che in questa fase della loro vita difendono la colonia, da nemici o da api estranee”. Così, impariamo subito che in base all’età le api operaie (femmine) svolgono ruoli diversi: nei primi giorni di vita (1-4) sono pulitrici, si occupano di pulire le celle; appena sfarfallano, diventano nutrici (5-11): nutrono e riscaldano la covata, la regina ed i fuchi (i maschi); poi diventano costruttrici (12-18): con le ghiandole della cera completamente sviluppate costruiscono le celle di cera dei favi e riparano quelli rotti per immagazzinare il nettare ed il polline; poi diventano guardiane e quindi si dedicano a difendere l’alveare dai nemici esterni (19-21). Per finire diventano bottinatrici (22-30/40): escono dall’alveare per raccogliere nettare, polline, acqua, propoli e melata.
La vita dell’ape operaia è di circa 40/45 giorni dallo sfarfallamento in estate e di 3/4 mesi nel periodo invernale. Simone, mentre inizia le operazioni per farci vedere cosa sta accadendo nei melari e nell’arnia, ci racconta con minuziosità di un intervento di recupero e salvataggio di un alveare che ha svolto in un’abitazione privata pochi giorni prima del nostro incontro.

“È normale in questo periodo: nell’arnia lo spazio si fa stretto per il proliferare di nuove api e l’arrivo della regina giovane. La regina anziana se ne va e viene seguita da una parte di api. Sciamano. Recuperarle è un lavoro paziente svolto in più tempi: posizioni l’arnia, recuperi i favi e li metti nell’arnia e così le api tendono ad introdurvisi e poi verso sera si controlla che anche la regina sia in casa”. Alveare recuperato: non sono note le sue caratteristiche e non è dato sapere se riuscirà a svernare. Per Simone ne vale comunque la pena.

Tornando alle arnie vicino ai tigli, Simone ci illustra le parti andando lentamente a toglierle ad una ad una: foglie e arbusti dal tetto, poi il tetto e poi ad uno ad uno controlla i favi dei melari mentre le api sentinelle ci ronzano intorno per verificare che non siamo una minaccia. Alcuni favi sono abbastanza opercolati (celle ricoperte di cera, il miele è depositato); altri meno. Un favo pieno di miele arriva a pesare fino a 4-5 kg. Poi toglie ancora, per arrivare all’arnia e anche qui uno dopo l’altro sfila i favi alla ricerca della regina. Trovata nel settimo (ce ne sono dieci): sta passando di cella in cella per trovare quella vuota e depositare le uova. Nelle celle chiuse si stanno nutrendo e stanno crescendo le larve. Gli strumenti utilizzati per sollevare le varie parti sono due: pinza e coltello.
I movimenti sono dolci, morbidi, lenti, pazienti, precisi, calcolati al millesimo di millimetro: non si devono innervosire e non deve venire schiacciata nemmeno un’ape. E sono tante: in un’arnia mediamente ce ne possono essere fra 70 e 80 mila.
Questa è davvero un’impresa, che a Simone però riesce bene. Senza utilizzare, come prassi, l’affumicatore, che in certi casi aiuta ad allontanare le api e a lavorare con più tranquillità. Simone colloca le sue arnie oltre che vicino ai tigli, vicino alle acacie, alle coltivazioni di girasole e a quelle di erba medica e da qui le tipologie del miele che produce nel suo laboratorio.

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