Con il Covid crolla il settore brassicolo artigianale, i ristori solo un miraggio

settore brassicolo

Luca Soliani

CALDEBOSCO SOPRA (Reggio Emilia) – La pandemia sta mettendo a rischio la birra indipendente Made in Italy, una filiera innovativa che conta oltre 900 microbirrifici artigianali nel Paese, 65 in Emilia Romagna, e migliaia di produttori di luppolo e orzo distico.

Una prima speranza di ripresa per gli operatori arriva da un emendamento alla legge di Bilancio, ma sono necessari interventi strutturali per dare nuovo slancio al settore. A partire dalla costruzione di un codice Ateco specifico che differenzi il mondo artigianale della birra dalle grandi multinazionali.

Questo, il messaggio lanciato da Cia-Agricoltori Italiani e Unionbirrai, nel corso dell’iniziativa congiunta ‘La birra indipendente artigianale e la filiera brassicola in Italia: il difficile presente, le azioni a supporto, le sfide del 2021’, che si è tenuta in webinar con la partecipazione del sottosegretario alle Politiche agricole, Giuseppe L’Abbate.

“Solo negli ultimi due mesi il calo del fatturato ha sfondato l’80% – denuncia Andrea Soncini, proprietario di ‘Oldo Birrificio – Corte della Birra’, Cadelbosco Sopra -. Nei mesi di marzo e aprile abbiamo avuto una domanda e una vendita che è riuscita a garantirci un calo non superiore al 30%, vicino al 29%, e adesso non rientriamo nelle categorie dei codici Ateco che beneficiano di sostegno. La pandemia è piombata su un settore in piena crescita, competitivo e di qualità, causando danni enormi. Il rischio di chiusure, oggi, è molto elevato. Bisogna dare ossigeno alle aziende per poter imboccare la strada della ripartenza. Solo così, con misure mirate, si può salvaguardare un settore di prestigio che crea un circuito produttivo al 100% italiano, dal campo alla distribuzione”.

Tra le restrizioni del canale Horeca, le chiusure confermate di ristoranti, pub e bar durante tutte le festività di Natale e il blocco di fiere, eventi, sagre con le attività legate allo street food, la birra artigianale e agricola è entrata in una crisi nera. E ancora non si intravede una luce in fondo al tunnel. Così, quella che era una filiera dalle grandi potenzialità di sviluppo, ora corre in pericolo di non sopravvivere al Covid senza sostegni adeguati.

A rischio c’è un comparto che vale il 4% del mercato nazionale, produce in media 500 mila ettolitri l’anno, di cui circa il 20% biologico, fattura oltre 250 milioni di euro e dà lavoro a 7 mila addetti.

Un prodotto che è entrato anche nel paniere Istat, a testimonianza del suo successo crescente nelle famiglie, e che ha conquistato i giovani, visto che il 60% dei millenial italiani si dichiara un conoscitore attento delle varie tipologie di birra artigianale, considerandole tipiche quasi quanto il vino. Inoltre, l’Italia oggi è al quarto posto in Europa per numero di birrifici, dietro Paesi con una grande tradizione brassicola come Regno Unito, Germania e Francia.

Dopo i ripetuti appelli a Parlamento e Governo, “ora le speranze degli operatori sono riposte nell’emendamento approvato alla legge di Bilancio 2021, che prevede un fondo di 10 milioni di euro a sostegno delle filiere agricole minori, tra cui quella della birra – aggiunge Soncini -. In questo difficile periodo, è una prima risposta importante, su cui sarebbe utile un coinvolgimento della filiera”.

È chiaro, però, che per permettere al settore di rimettersi in moto, servono misure strutturali e di lungo periodo. “Bisogna differenziare il mondo artigianale dalla produzione industriale di birra. Ad oggi, esiste un unico codice Ateco sia per i piccoli produttori che per le grandi industrie – sottolinea il presidente Cia, Dino Scanavino -. Con un codice Ateco specifico per i piccoli birrifici indipendenti, invece, si faciliterebbero future iniziative ad hoc per il comparto, separandolo dalla generica ‘produzione birra’”.

Ci sono anche altre richieste che gioverebbero molto e che vanno nella direzione di un allentamento di obblighi fiscali e finanziari: ad esempio, ridurre l’Iva per il 2021 per la birra artigianale italiana, considerandola come prodotto della filiera agroalimentare; prevedere un credito d’imposta per gli esercenti che hanno acquistato e acquisteranno birra artigianale sfusa, così da aiutare i locali attualmente di nuovo in lockdown e rilanciare la produzione dei birrifici; avviare un dialogo costruttivo con la Gdo per entrare in maniera concorrenziale nei supermercati italiani, puntando sulla qualità. Ma non solo.

“Cia insieme a Unionbirrai – rivela il presidente Cia Reggio, Antenore Cervi – proporranno presto una legge regionale per chiedere di inserire i birrifici nei percorsi turistici di valorizzazione del territorio: sono, infatti, sempre più un punto di riferimento importante per coloro che vengono qui per conoscere i tesori artistici, naturalistici ed enogastronomici emiliano romagnoli”.

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