“Il bar non fa per me, preferisco il lavoro in vigna”

Luca Soliani
REGGIO EMILIA – “Ieri sera è tornato in trattore dai campi a mezzanotte: doveva fare lavori alla vigna”. “Eh certo, cosa vuoi che faccia? Che guardi la televisione tutto il giorno o perda tempo al bar?!” È il simpatico botta e risposta tra Lea Iemmi e il marito Gianni Reverberi, 84 anni.
“Ho iniziato a fare il contadino nel 1952, a 12 anni a Villa Aiola – inizia a raccontare Gianni -. Sono andato a scuola fino a 11 anni, volevo fare le medie ma c’era bisogno di me come forza lavoro. Ho dunque cominciato a lavorare con la mia famiglia nel podere di settanta biolche che avevamo in affitto dall’Opera Pia: c’era una stalla con 20 mucche da latte, vigna e campi. La vita è proseguita sempre all’insegna del duro lavoro in campagna in quel fazzoletto di terra della Val d’Enza”. Nel 1964, sempre con la famiglia, “abbiamo fatto il grande passo: comprare un appezzamento a Cadelbosco Sopra: era composto da 18 biolche e una stalla con 10 mucche da latte”.
Gianni racconta poi delle nozze – l’11 gennaio 1964 – in contemporanea con la sorella. Il pranzo in casa “con ben 110 persone. Il viaggio di nozze? Ma va là, eravamo già nella stalla al mattino successivo”. Lea e Gianni hanno avuto due figli (con nipoti), nessuno ha lavorato in campagna. “Hanno fatto la loro vita, sono stati contenti così”.
Nel 1975 è stato un anno di svolta lavorativa. È nata “la stalla sociale a Cadelbosco. Mio padre non ne voleva sapere di entrare. Io invece ero convinto. Gli ho detto che non volevo fare la vita che ha fatto lui. ‘Vada come vada, entriamo nella stalla sociale’, gli ho detto. E infatti abbiamo aderito subito con altri 20 contadini soci. L’esperienza è andata avanti fino al 1990. Per 3 anni ho ricoperto anche l’incarico di presidente: tante soddisfazioni ma anche diverse notti in bianco per la responsabilità delle scelte. Tra cui l’unificazione con Pratofontana”.
Nel frattempo l’impresa agricola è cambiata e si ingrandita con un piccolo allevamento di maiali e nuovi vitigni “che ancora producono Lambrusco e Ancellotta. Conferivamo il vino a Zurco. Poi negli anni Novanta, con la crisi del movimento cooperativo, siamo andati in cantina a Sant’Ilario d’Enza. E siamo rimasti fino all’unificazione con la cantina Due Torri di Montecchio dove ho seduto in consiglio, dopo essere stato anche in quello di Sant’Ilario. Adesso siamo soci alle Cantine Riunite. Oggi il mio podere è composto da 23 biolche di terra, tra vitigni e prati stabili. Continuo a lavorare la terra, sono felice a fare questa vita e non la cambierei con un’altra. Cosa posso chiedere di più?”.