Claudio Ferri
Abbiamo attraversato un lungo periodo, dal dopoguerra fino al termine degli anni Novanta, in cui l’agricoltura ha subito una grande trasformazione e dove gli agricoltori hanno, a ragione, spinto le produzioni agricole impiegando al massimo le potenzialità della risorsa terra.
Tecniche colturali e meccanizzazione hanno determinato la modifica di un territorio agricolo – e di un paesaggio – composto da alberi, vecchie ’piantate’, maceri e siepi, aree di rifugio per l’avifauna ed elemento di discontinuità ‘visiva’ in un tessuto produttivo monotono. A rallentare, ed in alcuni casi ad invertire questa tendenza, è stata l’introduzione delle norme comunitarie.
Attraverso incentivi ai produttori per interventi agroambientali come il regolamento 1094 del 1988 (riposo delle terre e imboschimenti) e le successive norme Ue 2078 e 2080 del 1992, hanno dato un forte impulso alla realizzazione di oasi naturalistiche in un contesto di produzioni specializzate ed estensive. Nel territorio emiliano romagnolo le province che più hanno fatto ricorso ai programmi ambientali sono Ferrara, Ravenna e Bologna, ma l’interesse è stato diffuso: i dati riportati in questo numero di Agrimpresa lo dimostrano.
Agli agricoltori che vi hanno aderito, osservando precisi obblighi di durata variabile, sono stati – e lo sono ancora – riconosciuti premi annui per ettaro. In sostanza, l’impegno è stato di ‘spingere’ su produzioni più ecosostenibili favorendo il ripristino e la conservazione di aree naturali in un contesto produttivo agricolo. Questo lavoro ha comportato la sottrazione di terre produttive in termini di derrate alimentari, ma ha creato nuove opportunità per le imprese che traggono vantaggi economici con un ambiente più accogliente.
Non tutto è andato per il verso giusto: in alcuni casi allo scadere del periodo ventennale non è stato procrastinato l’aiuto per ettaro (come la misura 2080) e boschi ormai rigogliosi, tornando nella disponibilità del coltivatore, potrebbero diventare legna da ardere.
Il 17 giugno è stata celebrata la Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità, indetta dalle Nazioni Unite nel 1995, con tema “Restauro. Territorio. Recupero. Ricostruiamo meglio con un terreno sano”. Un richiamo, quindi, alla perdita di produttività e biodiversità, alla gestione sostenibile del suolo che contribuisce a mitigare i cambiamenti climatici e a raggiungere gli obiettivi del Green Deal: ma da sempre gli agricoltori hanno dato prova di essere i veri custodi della terra.
Ora il Pnrr, che già prevede l’investimento di centinaia di milioni di euro nel contrasto del degrado del suolo, deve dare ulteriore spazio al tessuto agricolo in chiave ambientale e paesaggistica, in attesa dell’accordo sulla riforma della Pac, in particolare sulle misure agro-climatico ambientali.