L'ostrica trova spazio a Comacchio: al via un progetto per allevarla - Agrimpresaonline Webzine

L’ostrica trova spazio a Comacchio: al via un progetto per allevarla

Ostriche-piatte

Erika Angelini

COMACCHIO (Ferrara) – Un’ostrica dal sapore più “dolce” e delicato di quella prodotta nell’oceano, che va ad aggiungersi alla produzione di vongole nella Sacca di Goro e nella Valli di Comacchio ed ha le giuste caratteristiche per conquistare il mercato. Nasce nel 2019 l’idea di riportare l’ostrica piatta (Ostrea edulis) autoctona del Mediterraneo nella Sacca di Goro, zona già vocata per l’acquacoltura e la produzione delle vongole.

Idea che nel 2020 è diventata un progetto di ricerca a cura della società Naturedulis, finanziato dalla Regione Emilia Romagna, e realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Scienze chimiche, farmaceutiche ed agrarie (Docpas) dell’Università di Ferrara.

“L’ostricoltura è una pratica antica e sappiamo che i romani amavano le ostriche che pescavano nel Nord Europa e trasportavano a Roma fino a Napoli, tanto che a Pompei sono state rinvenute tracce del mollusco.
L’ostrica piatta, oggetto della nostra ricerca, è praticamente scomparsa attorno agli anni 1960-70 perché decimata da malattie e a quel punto la coltura è andata scomparendo in Italia, mentre in altri paesi produttori, come la Francia, si è iniziato a produrre la varietà concava (Crassostrea gigas), ormai la specie più diffusa nel mondo. Una scelta – continua Aguiari – dettata anche dalle caratteristiche produttive e dalla velocità di accrescimento: la concava ha ritmi di crescita tre volte superiori a quella piatta, dal seme a maturazione della concava (dai 6 mm ai 70 gr circa) servono 9-12 mesi, contro i due anni e mezzo della piatta, riuscendo a soddisfare in maniera tempestiva le richieste di mercato.

Grazie a un progetto di ricerca la ‘piatta’ torna in produzione e, insieme a quella concava, potrebbe rappresentare un’alternativa alla monocoltura della vongola

Il progetto di ricerca, che puntava non solo a riportare nel territorio un prodotto ormai “scomparso” e a dare agli acquacoltori un prodotto di qualità per superare la monocoltura della vongola, è riuscito nel suo principale obiettivo: l’ostrica piatta ha trovato un ottimo habitat naturale nella Sacca di Goro e si è sviluppata in modo corretto. Il prodotto ottenuto è meno salato e, dunque, più “dolce” e delicato rispetto a quello coltivato nell’oceano e crediamo avrà ottimi sbocchi di mercato su tutti i canali, compresa la grande distribuzione. Uno dei punti di forza della nostra tecnica produttiva è il rispetto del periodo di emersione, qualche ora fuori dall’acqua tutti i giorni, che simula peraltro il ritmo delle maree.
Quindi, un’ostrica che non rimane costantemente immersa ma che viene lasciata all’aria aperta, per due principali motivi: liberarla dai parassiti che in acqua intaccano più facilmente la conchiglia e che all’aria muoiono; allenare il muscolo per rendere l’ostrica più soda e “prepararla” a rimanere chiusa per aumentare la shelf life del prodotto tra la raccolta e il consumo, un periodo che può essere anche di 5-7 giorni.

Leonardo-Aguiari

Il progetto, che si è concluso il 31 dicembre 2021, ha portato risultati molto promettenti, come spiega Leonardo Aguiari, direttore di Naturedulis, un istituto di ricerca riconosciuto dal Mipaaf (Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali)

Il progetto ha dato risultati così promettenti – conclude il biologo – che abbiamo deciso di fondare la cooperativa Santa Lucia per continuare a produrre la varietà piatta, e anche quella concava, e ci siamo spostati nelle Valli di Comacchio, anche per ridare vitalità produttiva al territorio dove, ormai da molti anni, la vallicoltura, e dunque la produzione di anguilla, è praticamente sparita.

Il nostro obiettivo, sicuramente ambizioso, è arrivare a produrre un milione di ostriche, circa 70 tonnellate tra concava e piatta all’anno che poi passeranno, come accade già per la vongola, da Finittica che si occupa della depurazione e della commercializzazione.
E chissà che tra qualche anno non ci sia una nuova filiera dell’ostrica di qualità made in Ferrara”.

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