Lucia Betti
DALLA REDAZIONE – “All’inizio della pandemia nel 2020 vendevamo tutte le verdure: patate, bietole, cipolle, peperoni, zucchini – spiega Gabriella Scarpellini dell’azienda Scarpellini Cesarino e C. di Santarcangelo di Romagna –. Le persone avevano voglia di imparare, di conoscere, di sperimentare e di sperimentarsi.
Le nostre patate hanno come destinazione prevalente i ristoranti e comunque l’anno scorso fino all’estate, con la ristorazione chiusa, le abbiamo vendute tutte. Poi, da settembre-ottobre 2020, l’inversione di marcia”. La svolta è determinata per la Scarpellini dal fatto che le persone sono affaticate da questo lungo periodo di emergenza e di incertezze: chi lavora “fa la formichina” e mette da parte; chi non lavora cerca di non spendere. Così, probabilmente, vengono individuati altri punti di acquisto a scapito della spesa in campagna.
Anche Paolo Pasotti – agronomo, tecnico sperimentatore di Astra-Innovazione e Sviluppo Unità Operativa “Mario Neri” con sede a Imola – nell’illustrarci estensioni e particolarità dell’orticoltura in Emilia Romagna mette in evidenza gli effetti dell’emergenza Covid-19 sull’agricoltura: fra le diverse difficoltà a seconda dei comparti, ha dovuto fare i conti anche con mancanza di manodopera specializzata, in particolare quella proveniente da Paesi esteri. “Ad essere maggiormente penalizzati sono stati, quindi, i settori agricoli a minor automazione e/o con filiere più “lunghe”, come l’orticolo appunto – spiega Pasotti – più legati al tradizionale impiego di manodopera bracciantile per raccolte e confezionamento di fragola, asparago, pomodoro da mensa, meloni, zucchine, lattuga, per fare alcuni esempi”.
L’esperienza dell’agricoltore Mauro Ottaviani di Bellaria ci offre un altro spaccato. Le sue produzioni sono varie e fra queste ricordiamo bietole, agretti, cetrioli, zucchini. Un posto particolare è riservato alla rucola, coltivata in serra e in pieno campo, venduta a mazzi nei mercati e alla ristorazione. “La rucola ha subito un forte calo dei consumi a causa della contrazione della presenza turistica e della ristorazione chiusa – afferma Ottaviani -. Noi coltiviamo diverse specie orticole e rispetto ad altre aziende riusciamo a resistere”.
Il blocco della rucola è stato riscontrato anche dal Consorzio Agribologna Sca, come ci dice Valentino Chiarini del Servizio di assistenza tecnica, “mentre le altre orticole hanno dirottato la destinazione dalla ristorazione, chiusa, alla grande distribuzione e ai mercati”. I prezzi medi nel complesso nel 2020 si sono rivelati in linea con le altre annate e altalenanti, “non per l’emergenza Covid-19 – spiega Chiarini – ma per l’andamento meteo con sbalzi termici, temporali e grandinate: in aumento in aprile-maggio, poi sotto la media fino a metà agosto poi in ripresa in settembre-ottobre”.
Ad oggi le orticole a foglia sono in ritardo di almeno 10-15 giorni a causa del freddo, delle recenti gelate e della mancanza di luce. Per quanto riguarda cetriolo, zucchino, melanzana, peperone Chiarini stima una perdita di piante fra il 7% e il 10%: “fra un mese si avrà un quadro più chiaro. Lo sviluppo in questo caso è in ritardo di 15-20 giorni e queste referenze arriveranno verso i primi di giugno”.
Tornando ad Astra, Pasotti ci dice che negli ultimi anni, e prima dell’avvento del Covid-19, per quanto riguarda gli investimenti, si è assistito, a livello generale, a una sostanziale riduzione delle superfici destinate alle colture orticole per diversi fattori.
“Le motivazioni – spiega Pasotti – si possono così riassumere: globalizzazione crescente delle produzioni, con una concorrenza sempre maggiore del prodotto estero; marginalità economiche sempre più limitate; contrazione della domanda interna; condizioni climatiche sfavorevoli alle colture, con eventi atmosferici spesso esasperati e caratterizzati da manifestazioni estreme come bombe d’acqua, grandinate, gelate primaverili”.
Riportando come riferimento i dati Istat 2020, in pieno campo, in termini ettariali, tra le orticole prevalenti sul territorio emiliano-romagnolo Pasotti ricorda: anguria, cipolla, fragola, lattuga, melone, patata, pomodoro da industria, spinacio e zucchino. Nell’areale romagnolo, notevoli sono anche le superfici in pieno campo destinate al fagiolo fresco e fagiolino: si distinguono in particolare le provincie di Ravenna (1.454 ha) e Forlì-Cesena (1.240 ha). Considerevoli anche gli investimenti dedicati al pisello fresco, con Ravenna e Forlì-Cesena che hanno concentrato sul proprio territorio rispettivamente 1.630 e 1.240 ha di superficie dedicata.
In coltura protetta, dove le superfici si riducono drasticamente, tra le specie più rappresentative si possono citare cetriolo, fragola, lattuga, melone, pomodoro da mensa e zucchino. In Emilia Romagna lo zucchino è una delle specie orticole più apprezzate ed i dati statistici di coltivazione, sia per serra sia per pieno campo, ne confermano l’elevata diffusione sull’intero territorio regionale.
È probabilmente una delle colture che richiede maggiore disponibilità di manodopera (l’incidenza delle raccolte può superare anche il 50% dei costi complessivi di coltivazione) e che quindi ha maggiormente risentito dell’emergenza pandemica. Come per la maggior parte delle colture ortive, il mercato mette a disposizione di produttori e consumatori una vasta gamma di ibridi, variabili per forma (cilindrica, clavata, tonda, ecc.) e aspetto della buccia (grigio, verde più o meno intenso, giallo, liscia o diversamente costoluta, ecc.). Fa compagnia allo zucchino, il pomodoro da mensa, specie caratterizzata da un elevato numero di tipologie di frutto, aspetto che permette a questa Solanacea di accontentare le puntiformi esigenze dei consumatori.
Tra le diverse tipologie: “insalatari”, tipi “San Marzano”, “Marmande”, a “tutto ciclo”, “cuore di bue”, quest’ultimo in notevole espansione.