Claudio Ferri
Il settore delle piante medicinali, erbe officinali e spezie spinge per un cambio di pelle sulla sostenibilità non solo produttiva, ma anche commerciale. È quanto è emerso nel corso del convegno “La filiera officinale: un’assicurazione di qualità per il mercato dei prodotti naturali” in seno a Macfrut.
In un settore in cui prevalgono ancora metodi tradizionali di produzione e ha spazio prevalente la raccolta delle erbe spontanee, la crescente competizione con il settore farmaceutico rende necessario, è stato detto, l’upgrade del settore non solo dal punto di vista produttivo, peraltro legato a quello normativo, ma anche da quello commerciale.
L’evoluzione del settore porta a considerare nuovi canali di commercializzazione. Non più solo quello cosmetico o farmaceutico, dove peraltro la catena del valore non è distribuita in maniera equa anche rispetto alle pratiche usate dai coltivatori.
“Oggi ci sono molti nuovi usi per le piante officinali ma la filiera produttiva non è ancora al passo – spiega Andrea Primavera, presidente Fippo -. A fronte dei nuovi sbocchi, ad esempio, nel settore delle biosoluzioni in agricoltura, dei coloranti, dei prodotti veterinari o degli integratori, ci si scontra con una catena di approvvigionamento fragile, legata alla fluttuazione dei prezzi, alle possibili contaminazioni ambientali, alla mancanza di programmazione o al cambio climatico, ma soprattutto obsoleta. L’80% delle materie prime ancora oggi deriva da raccolta spontanea e sistemi arcaici di produzione e accesso al mercato. Tutto ciò in un contesto in cui si assiste al fenomeno della scomparsa degli stessi raccoglitori spontanei. Una vera e propria idiosincrasia con il mondo dei consumi che, per contro, cresce. Nel 2024 il mercato globale del settore è arrivato ad un giro d’affari di 50 miliardi di dollari, + 30% rispetto a cinque anni prima”.