Più colture in ambiente protetto per competere con il Mezzogiorno

Erika Angelini

FERRARA – Per il mercato della fragola, soprattutto se la commercializzazione è diretta, quello che conta è la tempestività: arrivare primi sul mercato con un buon prodotto, possibilmente in contemporanea a quello proveniente dal Sud Italia, è essenziale. 

Per questo, soprattutto da dieci anni a questa parte, alla coltura in pieno campo – che comunque nel ferrarese contava circa 70 ettari nel 2023 secondo le rilevazioni Istat – si è preferito produrre fragola in ambiente protetto, che consente una gestione del prodotto più puntuale e la mette al riparo dagli eventi atmosferici più estremi. In un contesto climatico complesso e con andamenti di mercato imprevedibili, i produttori di fragole si mettono ai ripari e puntano sulla qualità del prodotto da vendere direttamente o da conferire nei mercati dedicati come quello di Lusia a Rovigo, come spiega il Oleg Andreatti, produttore di Ferrara. 

“Quest’anno siamo andati in controtendenza: abbiamo aumentato la superficie investita a fragole con altre quattro serre per la coltura protetta. Crediamo molto nel prodotto e cerchiamo di valorizzarlo al meglio dal punto di vista commerciale. Siamo riusciti a distribuire le prime fragole attorno al 20 marzo, addirittura prima dell’arrivo della Candonga, la fragola prodotta in Basilicata che occupa molte quote di mercato ed è quella che ci fa più concorrenza. Siamo riusciti a essere tempestivi perché abbiamo scelto di utilizzare, sia in serra sia per i trapianti in pieno campo, prevalentemente la pianta in zolla e non la radice nuda e questo ci ha consentito di anticipare la produzione di almeno una settimana. 

Prodotto pronto già a fine marzo in serra, ma la produzione non soddisfa 

Sembra un lasso di tempo brevissimo, ma per il mercato della fragola ha un peso commerciale importante. Le nostre fragole sono di una varietà che per noi è ormai consolidata, la Jolie, una fragola di pezzatura medio-piccola ma molto dolce e con un ottimo grado di maturazione perché non presenta mai la classica punta bianca. Siamo sicuramente soddisfatti della qualità del prodotto in serra – le prime settimane di maggio inizieremo a raccogliere anche le piante in campo – meno della produttività perché quest’anno ci sono stati probabilmente delle anomalie d’impollinazione. Abbiamo avuto, infatti, delle temperature sopra la media in febbraio che hanno fatto muovere le api, seguite da settimane più fredde che probabilmente hanno bloccato un po’ la fase di impollinazione e poi caldo intenso di inizio aprile seguito da un brusco calo delle temperature non ha aiutato la produttività. 

Mediamente utilizziamo circa 6.500 piantine e raccogliamo dai 30 ai 40 quintali: faremo i conti a fine campagna per vedere se quest’anno ci sarà stato un calo produttivo o se riusciremo a recuperare un po’ con la raccolta del prodotto in pieno campo. A livello di consumi le fragole vanno letteralmente a ruba, soprattutto con la vendita diretta in azienda. Non sono un esperto di trend di consumo, ma le statistiche dicono che quasi il 70% delle famiglie italiane mangia le fragole. Un dato che, per chi crede in questa produzione, da un lato fa sicuramente piacere ma dall’altro provoca anche un po’ di perplessità e sfiducia.

Nella nostra provincia le aziende medio-piccole che stanno continuando a produrre fragola sono poche perché si tratta di una coltura con alti costi di produzione, soprattutto a livello di manodopera – basta pensare che per abbatterli lavoro dalla mattina presto alla notte – e di gestione generale. Però la fragola ha molta richiesta, il mercato la assorbe velocemente e le persone vengono in azienda appena ritorniamo dai campi per assicurarsela. E quindi mi chiedo: perché non si fa qualcosa di concreto per valorizzare il lavoro degli agricoltori e il nostro prodotto? 
Sul territorio abbiamo, o forse è meglio dire avevamo, un patrimonio frutticolo importante e lo stiamo perdendo a poco a poco. 

Credo che una politica di sostegno serie e concreta per quella che è una filiera di qualità del territorio potrebbe invertire la rotta e consentire ai produttori di fragole di tornare a investire”. 

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