Giugno 2016
Crpv
CESENA – Il virus della sharka è l’agente virale più dannoso e pericoloso per le coltivazioni di drupacee e colpisce praticamente la quasi totalità delle specie appartenenti al genere Prunus. La sua pericolosità è dovuta sia alla gravità dei sintomi sui frutti, che, pur manifestandosi con diversa intensità, possono compromettere notevolmente la produzione, sia alla facilità di diffusione naturale tramite punture di assaggio degli afidi.
L’espansione della sharka in molte aree di coltivazione del pesco, albicocco e susino dell’Emilia Romagna è fonte di grande preoccupazione per il futuro della frutticoltura regionale.
Nonostante sia sottoposta da oltre un decennio all’applicazione di specifiche misure di contrasto stabilite da un Decreto ministeriale di lotta obbligatoria risalente al 1996, l’andamento della malattia, monitorata costantemente dal Servizio fitosanitario regionale, è sempre più preoccupante: i risultati dei monitoraggi eseguiti indicano una continua espansione dei focolai. I risultati ottenuti confermano come sia difficile contrastare la diffusione di questa pericolosa virosi, nonostante i numerosi interventi di eradicazione effettuati nelle aree peschicole della Romagna, dove è stato accertato il maggior numero di aziende con piante infette.
Per questo motivo è stato approvato un nuovo DM (28 luglio 2009) che prevede condizioni fitosanitarie ancora più rigorose per la produzione di materiale vivaistico che tiene in considerazione il fatto che in alcune aree del territorio il virus è da ritenersi insediato e non più sradicabile. La situazione italiana su pesco in particolare, si è aggravata con la diffusione del ceppo M (Marcus), molto più virulento dei precedenti. Esperienze internazionali hanno evidenziato la presenza di una elevata diversità genetica in Sharka, rappresentata da diversi ceppi che stanno ad indicare una capacità del patogeno a ricombinarsi. Negli ultimi 10 anni ne sono stati individuati cinque nuovi.
L’esperienza in Emilia Romagna ha posto l’accento sulla presenza su pesco di tre ceppi D, M e ricombinante, quest’ultimo individuato nel 2007 ma presente già da qualche anno. Il Decreto ministeriale di lotta obbligatoria ha istituito un elemento normativo in grado di rallentare la diffusione del virus della Sharka. Nonostante ciò la malattia si conferma in espansione, sono state identificate nuove aree endemiche. Il Servizio fitosanitario regionale è in stato di massima allerta nei confronti del problema, come dimostra lo sforzo per controllare i vivai, le zone vocate alla coltivazione delle drupacee e per sensibilizzare il mondo agricolo al rischio della virosi.
L’attività di monitoraggio intrapresa ha permesso di individuare la presenza della malattia in aree ritenute prima indenni. In un solo anno sono state esaminate 567 aziende per circa 500.000 alberi, con l’esecuzione di quasi 1.800 analisi diagnostiche. Nonostante ciò e la conseguente soppressione dei focolai individuati (le piante di pesco, albicocco e susino finora abbattute sono oltre 70.000) la malattia continua a diffondersi. Contro la sharka al momento non esistono interventi curativi, il suo controllo è basato essenzialmente sull’eliminazione delle piante colpite in campo, l’uso di materiale di propagazione sano, la messa a punto di metodi diagnostici affidabili e l’uso di germoplasma resistente alla malattia. Appare perciò sempre più evidente come l’impiego di varietà resistenti o tolleranti risulti, attualmente, l’unico mezzo per poter coltivare il pesco in modo remunerativo.
L’attività di ricerca si è posta l’obiettivo di indagare la tolleranza alla sharka di alcune varietà e selezioni in avanzato stato di osservazione di pesco, albicocco e susino, più importanti dal punto di vista agronomico nell’areale emiliano romagnolo. Sperimentazioni effettuate inoculando piante di pesco in ambiente controllato (screenhouse) hanno permesso di individuare cultivar tolleranti (che non presentano sintomi sui frutti), mentre non sono presenti oggi cultivar che si possano definire resistenti.
Ad oggi come Crpv, grazie anche alla partecipazione a due progetti europei SharCo e Mars, si è in grado di proporre varietà di albicocco altamente affidabili e rispondenti alle esigenze del settore produttivo e commerciale; pre-requisito necessario per garantire agli imprenditori agricoli la possibilità di coltivare drupacee nei nostri ambienti. Risulta evidente che in prospettiva per il controllo della Sharka e per un efficace monitoraggio, vanno condotte specifiche indagini atte a valutare le interazioni tra specie, cultivar, ambiente e ceppo. In alcune aree del cesenate, nonostante l’abbattimento delle piante colpite e il reimpianto con materiale vivaistico controllato, si sono verificati parecchi casi di reinfezione dovuti alla massiccia presenza di piante ospiti spontanee, o coltivate a scopo ornamentale. Risulta importante indagare anche su questo aspetto, per verificare se tali piante possono o meno costituire pericolosi serbatoi d’inoculo per la diffusione della malattia.
In un futuro immediato si ritiene però necessario realizzare, in ambito nazionale e internazionale, dei protocolli condivisi al fine di rendere efficienti tutti i processi di selezione che sottendono alla individuazione di genotipi tolleranti e/o resistenti.Ultimamente si sono migliorate le conoscenze in ambito genomico (nuovi marcatori disponibili), ed al tempo stesso si è potuto apprezzare materiale agronomicamente interessante come portatore del carattere di resistenza dal punto di vista genetico; si precisa che geneticamente resistente non è automaticamente sicurezza di resistenza fenotipica (cioè di campo), ma sicuramente rimane pur sempre un ottimo punto di partenza su cui concentrare gli sforzi.



