Uliveti e tartufaie soppiantano gli albicocchi

ulivi in romagna

Lucia Betti

Riolo Terme (Ravenna) – Le fa da cornice un paesaggio magnifico: dai calanchi al Parco della Vena del Gesso in collina fra Riolo Terme e Imola: qui si trova l’azienda agricola Vignoli di Riolo Terme (Ra) a duecento metri sul livello del mare. 

Su circa tre ettari e mezzo di terreno coltivato ad albicocchi l’azienda ne ha convertito ad altre colture circa un ettaro e mezzo, un terzo: per circa metà vi trova dimora una tartufaia e per l’altra metà ulivi, che si aggiungono a quelli che già ci sono. L’azienda dispone ancora di circa due ettari di albicocchi l’estirpo dei quali proseguirà: Glenda e il marito Davis stanno studiando e progettando come sostituirli. 

L’abbandono degli albicocchi per altre coltivazioni ha svariate motivazioni e dalle parole di Glenda Vignoli si capisce bene che in questa scelta un grande ruolo, viste le congiunture, è giocato dall’attenzione rivolta al futuro, ai figli che, molto probabilmente, seguiranno le orme dei genitori: Gabriel, 19 anni, quest’anno ha la maturità all’Istituto tecnico agrario Scarabelli in viticoltura ed enologia; Ginevra, 14 anni, ha l’esame di terza media e da settembre frequenterà l’Istituto Scarabelli, come il fratello. Verificata l’idoneità del terreno a disposizione Glenda e il marito Davis hanno optato per colture a lungo termine e “meno difficili” da gestire, vista anche la pendenza del terreno (45%).  

La lista delle cause dell’estirpo degli albicocchi è lunga e la Vignoli ne cita alcune: il prezzo delle albicocche riconosciuto ai produttori; i costi di produzione che non fanno il paio con i prezzi all’origine; la presenza del Capnodio, un grosso coleottero diffuso nelle zone calde del bacino del Mediterraneo, parassita che da alcuni anni si trova negli impianti di albicocco in certe aree collinari dell’Emilia Romagna: “pur in piante non vecchie come le nostre – specifica Vignoli – ha disidratato le radici e questo compromette tutta la pianta”. 

Poi ancora la difficoltà di approvvigionamento idrico (l’azienda è tra a due Consorzi irrigui, Rondinella e Isola, ma non vi ha accesso a causa del dislivello e non dispone di laghi aziendali) e la forte pendenza del terreno (45%). A tutto questo si aggiungono le frequenti gelate: “quelle di inizio aprile ci hanno colpito non in maniera così devastante come capitato ad altri produttori o negli anni precedenti. Sta di fatto che, se i miei genitori da quando iniziarono a coltivare albicocchi negli anni Ottanta dovettero fare i conti con una gelata importante nel 2003, noi i conti con le gelate dal 2018 in avanti dobbiamo farli quasi ogni anno. In collina, dove quando va bene non si producono più di 100 quintali per ettaro di albicocche è un’impresa pressoché impossibile recuperare sugli anni andati perduti”. 

Per realizzare la tartufaia Davis, il marito di Glenda, ha frequentato il corso, ha ottenuto il patentino e all’inizio della primavera 2023 è stato piantato il tartufo scorzone nero estivo. I primi tartufi nasceranno tra cinque anni e la durata di una tartufaia coltivata è di circa 30-40 anni. Tra una fila e l’altra hanno messo a dimora piante mellifere comprese nell’elenco del disciplinare della normativa (erba medica, grano saraceno, lupinella, sulla e due specie di trifoglio). 

L’olio è molto richiesto, ci dice Glenda Vignoli, così l’altra scelta è stata quella di andare ad aumentarne la produzione, coi tempi necessari, e aggiungere quindi altri olivi ghiacciolo all’ettaro e mezzo di uliveto già in produzione. 

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