Carote senza sbocchi commerciali - Agrimpresaonline Webzine

Carote senza sbocchi commerciali

carote

Erika Angelini

MESOLA (Ferrara) – Un’annata difficilissima per la commercializzazione delle carote prodotte nel mesolano, area di terre sabbiose dove il “Paniere orticolo” rappresenta una voce essenziale dell’economia agricola. Oltre alle conseguenze di una siccità che non sembra mollare la presa e il timore che la risalita del cuneo salino finisca per impedire l’irrigazione, a incidere pesantemente sui redditi dei produttori sono i prezzi pagati per l’export. Siamo di fronte, infatti, a una forte svalutazione del prodotto esportato e alla chiusura di importanti sbocchi commerciali a causa del conflitto Russia-Ucraina, come spiega l’orticoltore di Mesola, Gianni Paganini.

“Il 90% della produzione di carote raccolta nel mese di luglio è destinata al mercato del Nord Europa – afferma Paganini – che paga mediamente cifre abbastanza remunerative, fino a 0,30 – 0,40 euro/kg. Quest’anno, invece, questi Paesi hanno ancora scorte in magazzino della precedente stagione estiva, quindi, fabbisogno e richiesta sono inferiori. A questo, si aggiungono i costi di trasporto alle stelle che rendono le importazioni più onerose. Il risultato di questa contingenza produttiva ed economica è che il prezzo pagato agli agricoltori va dai 0,07 ai 0,09 euro/kg, una cifra che, definire irrisoria, è poco e che, ovviamente, è ben al di sotto dei costi di produzione.
Molto difficile, inoltre, trovare strade di commercializzazione alternative perché il conflitto ucraino ha bloccato importanti mercati dell’Est come Polonia, Romania, Repubblica Ceca e, naturalmente, la Russia, che assorbivano il prodotto quando si arrivava alla saturazione del mercato nordeuropeo.”

Le cose non vanno meglio sul mercato interno, che nel periodo estivo assorbe, però, solo il 10% della produzione.

Il prodotto vale sul mercato estero meno di 0,10 €/kg, prezzo che costringe gli agricoltori a lasciare il prodotto in campo perché raccoglierlo diventa antieconomico

“Il mercato italiano – continua Paganini – paga a malapena 0,10 cent/kg, cifra altrettanto lontana alla copertura dei costi di produzione e che costringe, anzi, le aziende a lavorare in perdita. Devo ammettere che alcuni agricoltori del territorio, io per primo, siamo finiti nello scenario peggiore: distruggere parte del raccolto, che peraltro quest’anno ha un’ottima qualità, perché antieconomico.
Per un agricoltore cancellare il suo lavoro di mesi è difficilissimo e lo è ancora di più se si pensa che buttiamo via del cibo ottimo di fronte a una crisi alimentare mondiale.
Inoltre, da un punto di vista economico, l’investimento fatto è stato oneroso in termini di mezzi tecnici, irrigazione, gasolio, passato dai 0,40 a 1,30 di quest’anno. Basti pensare che nelle annate normali coltivare un ettaro di carote direttamente, costa sui 5mila euro di mezzi tecnici più manodopera e ammortamenti, quest’anno i conti saranno ben diversi, probabilmente raddoppiati”.

Ad aggravare una situazione già complessa, come ormai accade per quasi tutti i prodotti ortofrutticoli, si aggiunge il solito meccanismo speculativo che crea un divario “scandaloso” tra questi prezzi, davvero irrisori, pagati ai produttori e il prezzo di vendita pagato al consumo.

Da qui, una domanda che nel corso degli anni è diventata sempre più pressante e oggetto di dibattito: come è possibile che il prezzo medio pagato agli agricoltori per le carote sia di 0,07 euro/kg mentre i consumatori quello stesso chilo di prodotto lo acquistino sugli scaffali della Grande distribuzione a 1,2- 1,5 euro al Kg?

Parliamo di un divario di circa il 1.500% che si può certamente definire pura speculazione e che, come sempre, non considera il grande valore del primario che produce beni essenziali che, come nel caso delle carote, si è costretti a lasciare in campo.
Un prezzo giusto e una distribuzione più equa del valore lungo le filiere è un obiettivo ormai imprescindibile per ridare peso al settore agricolo e riportare marginalità, che manca ormai da troppi anni, nelle casse dei produttori ortofrutticoli.

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