Maggio 2015
Piero Peri
L’applicazione nella regione Emilia Romagna, e più in generale nel nostro Paese, della Direttiva nitrati (91/676/Cee) è sempre stata causa di polemiche e contestazioni.
Anche in questi mesi si è riacceso il dibattito sugli effetti che questa ha provocato sulla zootecnia. È bene ricordare che la prima attuazione della Direttiva in regione risale al lontano 1995 con l’approvazione della L.R. n. 50. Si sono succeduti vari provvedimenti, nazionali, con l’emanazione del DM 26 aprile 2006 e regionali, con l’emanazione di diverse norme sino al vigente Piano di azione definito dal R.R. n. 1/2011. È utile ricordare che l’Ue negli anni scorsi ha avviato procedure d’infrazione che si sono chiuse con l’approvazione di adeguati provvedimenti.
Il dibattito si è riacceso a causa di fatti concomitanti quali: l’approvazione della bozza di DM che dovrebbe sostituire l’ormai superato DM 27 aprile 2006, la pubblicazione del tanto atteso studio dell’Ispra che fornisce le prime utili informazioni in merito alle cause effettive dell’inquinamento delle acque da nitrati e la scadenza, con la fine del 2015, del piano di azione regionale che ogni quattro anni deve essere aggiornato. La bozza di nuovo DM prevede la possibilità di interrompere il periodo continuo di divieto di spandimento, ora fissato in novanta giorni, in due periodi. La possibilità di individuare diversi criteri di gestione dell’azoto zootecnico nelle zone non vulnerabili e la possibilità di equiparare determinati tipi di digestato da processo di digestione anaerobica ai concimi chimici. Per quanto riguarda invece lo studio dell’Ispra sulle cause della presenza dei nitrati nelle acque, emerge con chiarezza che il ruolo della zootecnia è stato finora sovrastimato.
La fonte di provenienza dei nitrati è generalmente mista, cioè di origine civile, minerale e zootecnica, conseguentemente, a giudizio della Cia, si rende necessario aggiornare la normativa superando le attuali penalizzazioni. A fronte di questi risultati le Regioni e i Ministeri interessati hanno avviato un confronto che rapidamente deve portare a una ridefinizione delle aree vulnerabili e delle misure applicate. Ci attendiamo una riduzione delle aree delimitate come vulnerabili per dare risposte a quei territori che sono stati pesantemente penalizzati.
Con l’emanazione del nuovo Decreto ci troveremo a operare in un quadro normativo in parte nuovo che ci dovrà impegnare nel confronto con la regione per arrivare entro la fine dell’anno ad avere un nuovo piano di azione, strumento che deve servire per dare nuovo impulso alla sofferente zootecnia regionale, utilizzando al meglio le risorse che il nuovo Psr metterà a disposizione degli allevatori.