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Noci, meno prodotto ma di buona qualità

Alessandra Giovannini

La gelate in primavera, l’inondazione di maggio per alcuni produttori, la grandinata, la tempesta di vento di luglio, la siccità e l’anomalo caldo autunnale dei primi giorni di ottobre hanno inciso sulla quantità del raccolto di questa stagione. È previsto, infatti, un calo del 30% della produzione italiana rispetto al 2022 con un ritardo nei tempi di raccolta a causa del caldo.

Problemi e difficoltà per un frutto che, secondo i dati di Areté, si posiziona al secondo posto per produzione e consumi, solo dopo quello della mandorla.
Per questo nel mondo si produrranno sempre più noci, anche in Italia e ad affermarlo sono alcune statistiche, tra cui quella di Inc, International Nut & Dried Fruit council che, a fronte di oltre 2,2 milioni di tonnellate della stagione 2021/2022, stima per il 2022/2023 una disponibilità di oltre 2,6 milioni di tonnellate.

L’Italia detiene l’11% della produzione europea di noci, ma ne consumiamo il 31% e siamo al primo posto nei consumi. Il prezzo generale è quasi sempre determinato dalla disponibilità di prodotto statunitense e cileno. La Cina è il primo produttore e consumatore, gli Stati Uniti sono il secondo produttore e il primo esportatore. Segue per la produzione il Cile. Nell’Unione europea, l’Italia è il primo consumatore e il quarto produttore. Nel mondo la campagna 2022 ha segnato una notevole crescita delle produzioni in Cina, Usa (per la campagna 2023 si prevede il 5% in più, con attesa migliore qualità) e Cile (per la produzione si prevede il 9% in meno a causa di problemi di scarsità idrica nelle zone centrali e di temperature irregolari). In Europa la campagna 2022 ha registrato una produzione in aumento del 13% (Francia +34%, Italia, +49%). Per il 2023 in Europa si attende il 9% in meno.

Da sottolineare un importante aspetto messo in evidenza da dati Ismea elaborati da Nielsen, le noci sono consumate soprattutto dalla fascia over della popolazione: le persone dai 45 anni in su rappresentano infatti oltre l’80% dei consumatori di noci. Ai più giovani occorre far conoscere maggiormente le virtù di questo frutto.

Il produttore 

Denis Fabbri ha nove ettari a Forlì interessate da 350 piante di noci tutto bio, e ha iniziato la raccolta i primi giorni di ottobre. “La produzione non sarà abbondante – dice subito Fabbri – a causa delle piogge di maggio, l’acqua è arrivata proprio nel momento dell’impollinazione, poi l’annata è stata regolare e abbiamo avuto un ottobre asciutto. Meno prodotto ma di buona qualità”. 

Il problema è quello dei costi. 

“Sono tutti in aumento – sottolinea ancora Fabbri -: il gasolio per la lavorazione, gli imballaggi, il gas metano per l’essicazione. C’è una concorrenza da parte di altri Paesi abbastanza agguerrita che penalizza fortemente il produttore italiano. Le noci francesi, ad esempio, costano molto meno delle nostre”. 

Lei vende al dettaglio e ha un e-commerce per arrivare in tutta Italia, come rispondono i consumatori? 

“La richiesta c’è fino a Natale – risponde Fabbri – poi cala. Non solo, nelle famiglie c’è forte crisi e la noce non è un genere di prima necessità. La frutta secca attira il consumo ma, appunto, c’è crisi, la gente ha i soldi contati e li spende per altri generi alimentari”.

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